Fase 1 Fase 2 Fase 3
raccolta materiale, sceneggiatura e regia
Angela Dematté
regia filmica e montaggio video
Adriano Schrade
con l’interpretazione di
Betty Colombo
Beatrice Vecchione
e con la partecipazione di
Agnese Chiodi
si ringrazia per i contributi
Manuela Aloni
Gabriele Allevi
Gianni Aversano
Silvana Bazzi
Agnese Berloffa
Marco Biraghi
Gregorio Chiodi
Edoardo Chiodi
Fabio Dei
Monica Dematté
Saverio Dematté
Alfonso De Vreese
Giancarlo Di Maggio
Margherita Gramegna
Tindaro Granata
Leda Kreider
Jonah Lynch
Paolo Maiullari
Renato Morelli
Anna Citelli
Raoul Bretzel
Ruberta Puddu
Mario Rasetti
Consuelo Rebelde
Cristina Rigamonti
Carmelo Rifici
don Enzo Smeriglio
Ambrogio Sparagna
Francesco Zambelli
musiche composte ed eseguite da
Ernesto Fantasia
coordinamento tecnico
Sarah Chiarcos, LAC
sarta
Andrea Portioli
ricerca fonti, materiali e documenti
Angela Demattè
Marzia Montagna
Paola Tripoli
Silvia Pacciarini
Alice Nicotra
Francesca Sangalli
Isabella Lenzo
Roberta Puddu
Paolo Grassi
Rosanna Dematté
Tindaro Granata
delegata di produzione
Marzia Montagna, LAC
delegato di produzione video
Olmo Cerri, REC
realizzazione video
Associazione REC
materiale tecnico
Associazione REC
produzione
LAC Lugano Arte e Cultura
Lingua Madre.
Un rito di passaggio.
Cosa accade se all’essere umano vengono a mancare i rituali fondamentali, quelli che hanno segnato la sua cultura e storia personale? Questa domanda sottende il lavoro di Angela Dematté autrice di Un rito di passaggio, che ha realizzato grazie a decine di interviste, in cui raccoglie testimonianze e si confronta con voci diversissime. Un viaggio intimo e universale al contempo, in cui l’autrice riflette su di se e sull’altro da se e lo fa grazie al lavoro di due attrici che la rappresentano, Beatrice Vecchione e Betty Colombo. Un documentario in tre puntate, come tre sono le fasi dei riti di passaggio – separazione, margine, ritorno alla comunità – che traduce in forma artistica una riflessione sul rito funebre nell’attimo della sua negazione. Guarda.
Note d'autotre
La ruota del rituale gira sempre uguale: è il modo che l’essere umano ha trovato per stare nella perfezione del presente che solo il divino o il bambino sono in grado di conoscere. L’uomo adulto non riesce a conoscere un modello di perfezione se non precipitando nell’immobilità della morte.
L’essere umano occidentale non può più comprendere, forse, la funzione del rituale. Non riesce più a distinguere tra linguaggio simbolico e linguaggio manipolatorio. Ma la necessità di uscire da questa confusione è dentro di noi, come si riesce bene ad intravedere nelle conversazioni raccolte e nelle proiezioni intime, nei sogni rivelatori e nelle coincidenze misteriose avvenute durante questa indagine.
L’ io non è altro che un raccoglitore, che accetta di lasciarsi attraversare, quando si permette di stare al margine, in una condizione "liminare" o, almeno, "liminoide", che è l’unica ormai concessa al contemporaneo. È questo livello “liminoide” del teatro che cerca di trasferirsi in un mezzo virtuale, per esplorarne la possibilità di “presenza”, attraverso, forse, la mancanza di essa.
La sfida che mi pongo, in ultimo, è quella di riagganciare la dimensione immersiva e dionisiaca dell'immagine ad una mia e forse nostra possibile "parola", di ridare idiomi e radici cioè ad una voce interiore persa nel caos di sentimenti ed emozioni che non sa più nominare.
Angela Dematté
Drammaturga e attrice nata e cresciuta in Trentino, sceglie Milano come sua residenza d’artista. Dopo una laurea in Lettere e un diploma all'Accademia dei Filodrammatici, lavora come attrice finché inizia, nel 2009, la sua attività di autrice: scrive Avevo un bel pallone rosso e vince il Premio Riccione e il Premio Golden Graal. Il lavoro è messo in scena da Carmelo Rifici con il quale inizia una profonda ricerca che produce, tra gli altri: L’officina, Chi resta, Il compromesso, Ifigenia, liberata e Macbeth, le cose nascoste. Negli stessi anni lavora come dramaturg e autrice per i registi Renato Sarti, Sandro Mabellini, Valter Malosti e soprattutto per Andrea Chiodi. Scrive, dirige e interpreta Mad in Europe che vince il Premio Scenario 2015 e il Premio Sonia Bonacina. Nel 2019 la città di Trento le conferisce il Premio Aquila d’Oro per la cultura. Nella sua ricerca indaga le potenzialità e i limiti del linguaggio identitario, argomento su cui ha creato diverse masterclass. Il suo lavoro nell’ultimo anno, a partire dalla collaborazione con ISI Foundation, JRC di Ispra e con Carmelo Rifici al LAC, si concentra sul dialogo con la scienza come necessità di indagine sull’uomo futuro. La pandemia la spinge ad indagare il dialogo tra la scrittura teatrale e nuove forme offerte dal web e da spazi non teatrali. Per il progetto Lingua Madre sta producendo un documentario sperimentale sul tema del rituale. Con Daniele Filosi sta lavorando alla produzione di cinque monologhi teatrali per uno spettatore a partire dall’Antologia di SpoonRiver. I suoi testi sono pubblicati in Italia, Francia, Svizzera, Germania ed Egitto. Lavora con importanti teatri come: LAC di Lugano, Piccolo Teatro di Milano, Théâtre de la Manufacture di Nancy e diversi Teatri Stabili italiani. È madre di tre figli.
Beatrice Vecchione
Nata a Napoli nel 1993, dopo la maturità classica si diploma alla scuola dello Stabile di Torino diretta da Valter Malosti. In seguito prende parte a molte produzioni del Teatro Stabile, lavorando con registi quali Valter Malosti, Mario Martone, Leo Muscato, Jurij Ferrini, Marco Lorenzi. Lo Stabile di Torino la sceglie come volto della stagione 17-18. Nel 2017 viene selezionata dal Centro teatrale Santacristina, fondato da Luca Ronconi e Roberta Carlotto. Nel 2019 debutta al Piccolo di Milano ne La tragedia del vendicatore per la regia di Declan Donnellan. Nello stesso anno è insieme a Lucrezia Guidone, che cura anche la regia, ne L’Arminuta prodotto dal Teatro Stabile d’Abruzzo. Successivamente è Sonia nello Zio Vanja diretto da Krista Szekély. Nel 2020 è nel progetto Onirica con la regia di Giulia Odetto, arrivato in finale al bando della Biennale College Teatro della Biennale di Venezia, diretta da Antonio Latella, rivolto a giovani registe/i under 30. Recentemente ha lavorato sul set di una serie girata da Francesco Ebbasta, prodotta da Cattleya
Betty Colombo
Lavora nel teatro dei Burattini di Varese dal 1991 dove consolida l’esperienza di burattinaia e attrice di teatro di figura accanto e sotto la guida di Enrico Colombo. Con lui fonda l’Associazione Arteatro che si occupa di produrre spettacoli e laboratori particolarmente centrati sul rapporto fra teatro e arte moderna. Sviluppa la passione per il teatro di narrazione e frequenta seminari con Laura Curino, Roberto Anglisani, Marco Baliani. Ha una ventennale esperienza educativa come insegnante di scuola elementare; si occupa da sempre di formazione degli adulti centrando la sua attività soprattutto sulla lettura a voce alta. Vive da sempre a Cazzago Brabbia, sulla sponda sud del lago di Varese, e da più di un decennio si occupa di cultura popolare facendo ricerche, interviste, indagini fra la gente del luogo. Ha così scritto e messo in scena testi che cantano i luoghi in cui vive, che restituiscono agli spettatori la storia delle proprie origini convinta che, soprattutto al giorno d’oggi, “per essere, bisogna essere stati”, avere cioè la consapevolezza delle proprie origini. Ha pubblicato il libro Le donne della pesca e del lago edizioni Macchione 2009 con il cd del testo narrato e l’albo illustrato Vado via edizioni Bohem 2019. Ha partecipato come attrice a due cortometraggi: L’ansia del giallo di Viola Folador e Pasqua con chi vuoi di Audrey Bersier.