“Se ci fosse la luce, sarebbe bellissimo”, scriveva Aldo Moro a sua moglie Eleonora durante i giorni del sequestro, poco prima di morire.
Francesca Garolla, autrice attiva sulla scena italiana e francese, firma testo e regia di un lavoro in cui indaga il tema del libero arbitrio e delle sue possibili conseguenze: quali sono i segni di una storia collettiva che ognuno di noi porta dentro di sé?
Il 9 maggio 1978, alle 12:30 circa, Francesco Tritto, giovane avvocato e assistente universitario alla Sapienza di Roma, riceve una telefonata da Valerio Morucci, esponente delle Brigate Rosse e “responsabile della logistica” del rapimento del deputato Aldo Moro.
La conversazione telefonica, registrata nella sua interezza, dura circa tre minuti: è troppo breve per suggerire qualcosa di diverso da una comunicazione tragica – la morte di Moro e il luogo in cui il suo corpo sarà ritrovato –, tuttavia è abbastanza lunga da introdurre un frammento di umanità in uno dei passaggi storici più crudeli e misteriosi della storia recente.
Morucci e Tritto hanno la stessa età, potrebbero essere stati compagni di scuola, essersi incontrati per caso o aver avuto una conoscenza comune – e, in effetti, non è certo che le loro strade non si siano mai toccate. Ma è in quel giorno di maggio che le loro vite si intrecciano e questi due giovani, distanti nelle esperienze e nelle idee, diventano protagonisti temporanei di un evento che spaccò in due la storia, segnando la fine di un tempo e l’origine di un altro.
Questa famosa telefonata diventa per Francesca Garolla il punto di partenza e pre-testo per riflettere su una storia che sembra ancora condizionarci, una storia che pare essere riservata agli uomini, agita e scritta da loro, e dalla quale le donne sembrano essere escluse. Ma è davvero così?
In scena non ci sono né Valerio Morucci né Francesco Tritto, solo due uomini e due donne: un latitante, che è anche un padre; una figlia, che è anche una madre; una giudice, che è anche una donna; un uomo, che è anche un assassino. Uomini che incarnano un passato che ha condizionato il presente e donne che vogliono indagare questo passato per costruire il loro futuro.
Attraverso una struttura che segue, in maniera trasfigurata, le fasi di un processo – antefatto, processo, delibera e sentenza –, l’autrice propone un nuovo modo di leggere la storia, di venire a patti con essa. Nella convinzione che sia necessario allontanarsene senza per forza dimenticare, condannare o perdonare, per poter dare finalmente buona sepoltura a tutti i morti, reali e metaforici, di quegli anni.
testo e regia
Francesca Garolla
con
Giovanni Crippa
Angela Dematté
Igor Horvat
Anahì Traversi
scene
Davide Signorini
costumi
Margherita Platé
disegno luci
Luigi Biondi
suono
Emanuele Pontecorvo
assistente alla regia
Francesca Merli
produzione
LAC Lugano Arte e Cultura
in coproduzione con
Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale
Texte réalisé dans la cadre de résidence de la Cité Internationale des arts de Paris – Lauréat 2020, avec le soutien de K10-Kunzarchive - Lugano
Texte sélectionné dans le cadre de Artcena – aide à la création 2022 (Centre National des arts du cirque de la rue et du théâtre)
Dopo aver indagato una “libertà assoluta” (in Tu es libre), che evita di confrontarsi con i concetti di male, colpa e responsabilità, con Se ci fosse luce concentro la mia riflessione su cosa invece accade dopo una libera scelta: quando delle idee rimangono fatti e degli atti rimangono le conseguenze.
Quando la colpa entra nella libertà e, augurabilmente, la pietà entra nella colpa.
Quali sono i segni di una storia collettiva che ognuno di noi porta dentro di sé? Quali sono le ferite inflitte al futuro, che non siamo in grado di guarire nel presente?
Come influisce su di noi e sugli altri ciò che facciamo o che subiamo?
Qual è il prezzo delle nostre azioni? Cosa lasceremo ai nostri figli? Cosa lasceremo ai figli dei nostri figli?
"Se ci fosse la luce, sarebbe bellissimo", scriveva Aldo Moro.
Ma se non ci fosse la luce, qualcuno avrebbe pietà delle nostre colpe?
– Francesca Garolla
Studia regia all’Accademia d’arte drammatica Paolo Grassi di Milano. Tra i suoi testi, Non correre Amleto, selezionato nel Palmarès della Maison Antoine Vitez del 2018 e da La Comédie Française nel 2019, Tu es libre, tradotto per la Maison Antoine Vitez, è realizzato a La Chartreuse – Centre National des écritures du spectacle di Avignone e presentato all'interno dei Rencontres d'été durante il Festival d'Avignone 2017, segnalato da la Comédie Française come uno dei testi più significativi della stagione 2017/18 e finalista al Premio Riccione 2017, è stato in scena al Piccolo Teatro di Milano nell’autunno del 2020.
Nel 2020/21 è l’unica lauréat europea della sezione di scrittura teatrale della Cité Internationale des Arts di Parigi, dove scrive Se ci fosse luce, terza parte di una trilogia sulla libertà, ispirato ai fatti del sequestro Moro. Nel 2022 riceve il premio Valeria Moriconi futuro della scena, su segnalazione di Emma Dante.
Per diciotto anni è parte della direzione artistica di Teatro i, con Renzo Martinelli e Federica Fracassi.
È attualmente autrice selezionata nel progetto europeo Fabulamundi – Playwriting Europe.
28.03 – 02.04.2023
Teatro delle Moline, Bologna
22 / 23.04.2023
LAC Lugano