Il pluripremiato coreografo e regista inglese Sir Wayne McGregor, direttore della Biennale Danza e “Resident Choreographer” del Royal Ballet di Londra, presenta Deepstaria – titolo ispirato a una specie enigmatica di medusa con un nome dal suono stellare –, un’esperienza sonora e di danza pura, altamente sensoriale e meditativa, che riflette sul nostro profondo rapporto con il vuoto e sulla nostra mortalità.
Fin dall’inizio dei tempi, l’umanità ha subito il fascino del vuoto. Dalle profondità marine allo spazio profondo, queste zone oscure e misteriose accendono la nostra immaginazione e il nostro desiderio di esplorare il mondo fino ai suoi limiti.
Deepstaria sfrutta il rivoluzionario potenziale creativo delle tecnologie emergenti ed esplora l’intersezione e il rapporto tra l’esperienza dal vivo e quella digitale. Attingendo alle più recenti tecnologie dell’AI, della ricerca acustica e del calcolo spaziale, McGregor porta in scena un’opera mutevole in costante dialogo trasformativo con se stessa: un’evoluzione coreografica che coesiste attraverso molteplici dimensioni dell’esperienza.
Utilizzando la tecnologia Vantablack per creare sul palcoscenico un’oscurità insondabile, McGregor immagina un ambiente che disturba le tradizionali gerarchie della percezione. In questo vuoto, le immagini acustiche e la musica animata del sound designer premio Oscar Nicolas Becker e del rinomato produttore musicale LEXX creano un paesaggio sonoro onirico che viene continuamente ricomposto ed eseguito dal rivoluzionario motore audio digitale Bronze AI, riconfigurando così il rapporto tra danza eseguita dal vivo e musica registrata in tempo reale.
Come la medusa con la sua capacità di rigenerazione, Deepstaria invita il pubblico a sognare di nuovo la propria connessione immortale con l’universo che ci contiene.
“Viaggiando oltre noi stessi – dichiara Wayne McGregor –, cerchiamo la conoscenza per illuminare e sviluppare la nostra condizione umana. Allo stesso tempo, questi spazi di nero infinito, simili a un grembo materno, sono stranamente familiari: risuonano connessioni dimenticate nel profondo e suscitano, forse, deboli echi di stati inconsci dell’essere, fluttuando in luoghi del prima e del dopo.”