Henri Texier contrabbasso
Sébastien Texier sax contralto, soprano
Sylvain Rifflet sax tenore, flauto
Manu Codjia chitarra elettrica
Gautier Garrigue batteria
sabato 10 maggio
Jazz in Bess
35.- CHF
Speciale abbonati
A trent’anni dal precedente An Indian’s Week, Henri Texier, ottant’anni appena compiuti, gloria del jazz transalpino, presenta An Indian’s Life con un quintetto che lo vede accanto al figlio Sébastien Texier (sax alto e soprano), a Sylvain Rifflet (sax tenore e flauto), Manu Codjia (chitarra) e Gautier Garrigue (batteria).
Contrabbassista francese e figura storica del moderno jazz europeo, Henri Texier vanta una carriera invidiabile iniziata alla metà degli anni '60. Accompagnatore – giovanissimo – dei grandi americani di passaggio o di stanza a Parigi, Texier ha poi sperimentato il free jazz, ha suonato il jazz-rock, si è lasciato ispirare da sonorità balcaniche, mediorientali, africane, latinoamericane. Ha diretto proprie formazioni insieme a Phil Woods, Aldo Romano, Louis Sclavis, Jean-Luc Ponty, Joe Lovano, Glenn Ferris, Paolo Fresu. In particolare con il Transatlantik Quartet, l’Azur Quartet e il progetto Carnet de Route (con il fotografo Guy Le-Querrec) è diventato uno degli artisti di punta dell’etichetta Label Bleu dando vita ad una ricca discografia che ne evidenzia la sempre viva progettualità.
Sulla scorta dell’influenza del grande collega contrabbassista Charles Mingus (in cui scorreva anche sangue pellerossa), si è accostato negli anni ’90 alla cultura dei nativi nordamericani. Nasce così nel 1993 l’album An Indian's Week, seguito nel 2016 da Sky Dancers. Con il recente An Indian’s Life (che chiude un ideale trittico a lungo termine…) Texier ha prodotto ancora una volta un’opera di musica vibrante in sintonia con la causa amerindia.
Henri Texier nasce a Parigi nel 1945. È una delle figure più rilevanti della scena jazzistica francese sin dagli anni Sessanta, quando, ispirandosi a Wilbur Ware – uno dei più avventurosi bassisti degli anni Cinquanta –, accompagnava grandi solisti americani in tournée in Francia e in Europa.
Dopo aver maturato esperienze al fianco di artisti come Johnny Griffin, Bill Coleman, Chet Baker, Kenny Drew, Donald Byrd e Bud Powell, è stato tra i primi in Europa a sperimentare il free jazz di Ornette Coleman, arrivando a suonare con Don Cherry.
Co-leader di un influente trio insieme al sassofonista François Jeanneau e al batterista svizzero Daniel Humair, membro nei primi anni Settanta della fantastica European Jazz Machine di Phil Woods, il mondo musicale di Texier si è successivamente arricchito di influenze balcaniche, mediorientali, africane, latinoamericane.
Negli anni Ottanta ha dato vita al Transatlantik Quartet con Joe Lovano, Steve Swallow e Aldo Romano, diventando uno degli artisti di punta dell’etichetta Label Bleu di Michel Crier. Gli anni Novanta sono stati segnati dalle esibizioni e dagli album realizzati con il trio composto con Louis Sclavis e Aldo Romano: il concept-album Carnet de Route (di grande successo, grazie anche alle fotografie di Guy Le Querrec) e il successivo Suite Africaine testimoniano questo periodo segnato da riferimenti e rimandi alla musica del grande Continente.
Sempre negli anni Novanta, Texier inizia ad interessarsi alla cultura degli indiani nordamericani anche in relazione all’influenza che aveva esercitato su di lui il celebre collega contrabbassista e compositore Charles Mingus, in cui scorreva sangue pellerossa. Negli album An Indian's Week (1993), Sky Dancers (2016) e nel recente An Indian's Life (che chiude una sorta di trittico informale) la causa amerindiana e la figura quasi mitologica dell'“indiano” diventano al tempo stesso matrice immaginaria e motore poetico del suo gesto artistico.