Orson Welles riscrive Moby Dick di Melville a metà degli anni Cinquanta, creando un nuovo capolavoro epico e dal respiro shakespeariano. La versione italiana è portata al successo dal Teatro dell’Elfo, diretta da Elio De Capitani che, nei panni di un Achab “introverso e perduto nella sua ossessione”, guida una ‘ciurma’ di dieci magnifici attori e musicisti.
“Il testo di Welles è un esperimento molteplice – sottolinea De Capitani – blank verse shakespeariano, una sintesi perfetta del romanzo, personaggi restituiti in modo magistrale e coinvolgenti parti cantate. Noi abbiamo realizzato questo spettacolo ‘totale’, accettando la sfida di un finale impossibile: l’apparizione in scena del capodoglio. E con un semplice trucco teatrale siamo riusciti a crearla, regalando a noi e al pubblico grandi emozioni.”
In uno spazio dominato da un fondale enorme, cangiante e mutevole, capace di evocare l’immensità del mare e la presenza incombente del capodoglio, lo spettacolo vede in scena un cast che salda le eccellenze artistiche di tre generazioni di interpreti e si avvale della musica dal vivo di Mario Arcari e dei canti diretti da Francesca Breschi, vibranti rielaborazioni degli sea shanties.
Dalle note di regia si legge: “Vitalismo rapace, prepotentemente – ma non esclusivamente – occidentale, che rappresenta quella parte d’umanità che ci porta al disastro, al gorgo mortale che inghiotte la Pequod. Siamo alla sesta estinzione di massa, siamo al riscaldamento globale, siamo sull’orlo del baratro e continuiamo a correre. Generando odiatori meno mitici ma altrettanto ferali di Achab. Diciamolo: Moby Dick parla di noi, oggi. Ne parla come solo l’arte sa fare. Cogliendo il respiro dei secoli – tra passato e futuro – nel respiro di ogni istante della nostra vita.”