Che responsabilità si assume la collettività, in Svizzera, di raccontare la realtà e la memoria? È ciò che si chiede Marzio Gandola, scegliendo di portare in scena due fatti reali “inesplosi”, ovvero mai accaduti ma solo sfiorati. Un “tentato attentato” e una mancata catastrofe nucleare sono il motore di un processo creativo, tra realtà e finzione, che l’autore ticinese sceglie di mostrarci. In che modo la memoria di una tragedia sfiorata definisce una comunità?
La Svizzera è un paese tranquillo, dove non succede mai nulla di male. La Svizzera è un paese noioso, in cui puoi essere multato se suoni il clacson senza un motivo valido. Un rigore di fondo, innocente e per molti aspetti positivo, è alla base di una società ritenuta da molti esemplare. Ma gli incidenti ci sono, e anche molti, sapreste citarne uno?
Nel 1969 il primo reattore nucleare svizzero sfiora una catastrofe che avrebbe portato ad una massiccia contaminazione radioattiva; nel 2018 a Bellinzona un ragazzo viene arrestato con l’accusa di preparare un attacco armato ad una scuola superiore. Bombe disinnescate, secondo i reportage. Un’artista e un giornalista vogliono occuparsi di questi fatti, e si scontrano con la difficoltà di farlo, apparentemente data dal rigore delle leggi che tutelano la privacy. In realtà, il senso del rigore e della privacy sono radicati anche in loro. Gli attori che interpretano questi ruoli, al contempo, raccontano il loro rapporto con la memoria e la narrazione, portando materiali, fatti, tracciando un’immagine più simile ad una bomba inesplosa che ad una disinnescata.