© Sir Taki / LAC
In linea di continuità con Impressioni di realtà, campagna di comunicazione della scorsa stagione, le immagini che accompagnano la nuova programmazione di teatro/ danza/ musica del LAC ci sono state suggerite dal desiderio di interrogare lo spettatore invitandolo a guardare con occhi diversi la realtà in cui vive.
Una campagna che si è scelto di affidare a due giovani creativi attivi in Canton Ticino Sir Taki e Alan Alpenfelt, consapevoli del fatto che una ripartenza necessiti di nuova linfa e di energie fresche.I due si sono messi in dialogo scoprendo una sintonia sorprendente che li ha portati ad esprimere in immagini e parole cosa significhi per loro l’atto del guardare; in esso infatti, si esprime la centralità dello spettatore, vale a dire di ciascuno di voi.
“Trascorriamo metà del nostro tempo da svegli a processare miliardi di verità che ci colpiscono attraverso uno schermo – spiega Alpenfelt – Il nostro occhio è costantemente influenzato dallo sguardo di un altro, degli altri, che sia chi guarda con noi o chi guarda noi. Ma quando la verità irrompe al di là del nostro controllo, porta con sé una violenza straziante. Sta succedendo proprio ora. L'apparizione viene lacerata, l’occhio subisce una potenza abbagliante e, analogamente a Edipo che ha dovuto accecarsi per poter nuovamente vedere, siamo costretti a chiudere gli occhi e guardare nel buio. A teatro ci allenano a riconoscere filtri” – prosegue Alan – “Ma è fuori che le cose succedono. Sir Taki ci invita a tornare a vedere. Forse è l’unico vero compito dell’essere umano, un compito collettivo. L’occhio è un atlante e riassume l’umanità, in quell’oscurità al centro di una pupilla, che si espande e contrae come l’universo, uguale in tutti gli esseri umani.”
Nella sua ricerca, Sir Taki sviluppa un discorso sul ruolo delle immagini nella società contemporanea analizzando il fenomeno del "bombardamento visuale", soprattutto digitale, e i suoi possibili effetti perversi e collaterali: il sovraccarico di informazioni ne appanna il significato e ne compromette la conseguente decodifica. Il suo percorso di ricerca inizia nel 2017 con “Roberto”, installazione in cui chi guarda è invitato a osservare con attenzione l’opera attraverso un cannocchiale, strumento che permette di vedere l’opera e non solo di guardarla. Questa riflessione viene approfondita e ampliata in lavori successivi, come “Lucia” (2018) e “Thanaporn” (2019).
I titoli delle sue opere – tutti nomi propri, scelta confermata anche per i lavori della campagna – suggeriscono il concetto che l’artista non intenda fornire una chiave di lettura, bensì invitare ciascuno di noi ad una libera interpretazione.
“Con le mie opere - spiega Sir Taki - cerco di raccontare delle storie, storie di persone. Nel quotidiano, ma anche nella mia pratica artistica, sono particolarmente interessato a conoscere l’altro; sono attratto dalle persone che hanno punti di vista differenti, che provengono da luoghi lontani, con un vissuto diverso dal mio. Questo altro mi arricchisce e di riflesso nutre le mie opere. L’interesse per le storie delle persone mi ha spinto nel tempo a intitolare i miei lavori con dei nomi propri, come se questi prendessero vita e, come le persone, necessitino di un nome proprio per essere metaforicamente riconosciuti come tali”.
“I miei collages (tecnica che caratterizza il lavoro dell’artista ndr) sono ritratti realizzati al termine di lunghe giornate di ricerca, trascorse immerso tra immagini e storie da esse evocate”. Prosegue l’artista. “Non racconto i miei lavori a chi li osserva, non svelo nulla a parole, preferisco relazionarmi con lo spettatore ascoltando ciò che è scaturito dalla sua visione personale. Il dialogo avviene così tra l’opera e chi la osserva”.
Grazie a una sequenza di collages inseriti in una cornice bianca che permette di respirare, immaginare, “tornare a vedere”; con Andre, Davide e Lucia, S. B. e le altre opere che accompagnano la programmazione del LAC, invitiamo chi le guarderà a considerare quei filtri, citati da Alan, che condizionano il nostro sguardo sulle cose.
Sir Taki (CH, 1988) vive e lavora tra Losanna e Londra. Dal 2014 realizza installazioni, collages digitali e video sperimentali. Dal 2015 scrive sceneggiature e dirige cortometraggi.
L'artista sviluppa un discorso critico sul ruolo delle immagini nella società contemporanea. Nella sua ricerca affronta il fenomeno del "bombardamento visuale", soprattutto digitale e nei social media, individuando un effetto perverso o collaterale che potenzialmente esso porta in sé: il sovraccarico di informazioni che ne appanna il significato e ne compromette la conseguente decodifica.
Il suo percorso prende avvio nel 2017 con l’installazione Roberto, nella quale lo spettatore è obbligato a osservare con attenzione l’opera attraverso un cannocchiale, ciò che gli permette di vedere l’opera e non solo di guardarla. Questa riflessione viene approfondita l’anno seguente tramite l‘installazione Lucia, con la quale l’artista pone l’accento sull’onda infinita di materiale visivo che sommerge il quotidiano dell’uomo contemporaneo. Nel 2019, il discorso si amplia e si approfondisce ulteriormente con l’installazione Thanaporn, focalizzandosi sulla differenza tra la rappresentazione che diamo di noi stessi sui social media e quella percepita dagli altri.
A margine di queste tre installazioni, la ricerca di Sir Taki si declina inoltre nella sperimentazione audiovisiva iniziata con il cortometraggio Stéphane (2016).