Intervista a Alessio Maria Romano
courtesy of La Biennale di Venezia / © Andrea Avezzù
Premiazione Biennale di Venezia
Scorrendo il suo curriculum vitae colpisce il fatto, fresco di diploma di attore, si sia subito interessato alla coreografia, o, più precisamente, alla analisi del movimento, perfezionandosi grazie a periodi di studio trascorsi nel Regno Unito e in America…
Alessio Maria Romano
La danza è qualcosa che mi ha sempre affascinato ma non la conoscevo e non sapevo esattamente cosa fosse. Vivevo in un paese di provincia e non avevo certo possibilità di vedere o incontrare spettacoli di danza classica o contemporanea. Ho incontrato la danza alle sagre di paese, in televisione e attraverso il mio istinto di muovermi liberamente al suono della musica. Sono molto alto e lo sono da quando avevo 13 anni. Il mio corpo è sempre stato un dono ma anche un grande ostacolo. Per fortuna ho fatto sempre molto sport e questo ha permesso alla mia struttura fisica di essere pronta e reattiva quando sono entrato in accademia, dove ho lavorato in modo strutturato sul corpo. Ricordo che molti miei docenti erano preoccupati perché il mio corpo andava più veloce della mia parola.... E’ nata una vera e propria passione, o meglio curiosità e non tanto per gli stili di danza quanto per il movimento, la sua grammatica. La danza come sogno. Potrei dire che per me danzare era un pò come sognare. Mi annoiavo molto a recitare. Nonostante la mia carriera, subito dopo l’accademia, fosse cominciata bene, ho compreso molto presto che “recitare” un ruolo, non mi bastava. Volevo sapere di più, avevo bisogno di comprendere il perché e il come, il corpo in particolare, si muovesse in quel modo per poi verificare se fosse possibile costruire qualcosa di completamente altro. Il corpo nascondeva qualcosa che volevo vedere. Per questo devo ringraziare Maria Consagra, la prima ad aver intuito questo mio talento potenziale che però richiedeva un grandissimo lavoro. Il mio corpo necessitava ordine, rigore, fatica, studio. Sono partito per Londra dove ho incontrato il pensiero e il lavoro di Von Laban, che fra l’altro ha proprio vissuto per un periodo qui, sul Monte Verità. Successivamente mi sono diplomato in Analisi Laban/Bartenieff a New York. Sia a Londra sia negli USA i e in successivi viaggi fatti in giro per il mondo, ho potuto osservare quasi antropologicamente le straordinarie differenze culturali che determinano le scelte del nostro muoverci. Tutto questo mi ha sempre terribilmente affascinato. Ovunque mi recassi, studiavo danza contemporanea, tango argentino e Aikido. Dopo aver studiato con Raffaella Giordano mi sono dedicato ad aiutare i registi teatrali a comprendere meglio il corpo dei loro attori e lo spazio scenico su cui lavoravano. Sono diventato una sorta di interprete dei desideri spaziali e fisici dei registi. Non sono un danzatore secondo le regole canoniche, potrei definirmi uno studioso del movimento. La danza è la disciplina che mi ha permesso di mettere insieme certe regole ed esperienze. La definizione di cosa sia danza è una questione molto complessa e pericolosa. La pedagogia è arrivata contemporaneamente. Era una professione che mi spaventava terribilmente perché piena di responsabilità e difficoltà ma anche qui sono stato totalmente rapito dalla curiosità di capire come aiutare o meglio portare fuori il segreto del corpo degli altri. Il corpo e il conseguente movimento di ognuno di noi nasconde possibilità e limiti che il sistema delle società ci sta nascondendo o forse censurando sempre di più. Amo scoprire, insieme ai miei studenti, le possibilità che il loro corpo nasconde.
Il direttore della sezione teatrale della Biennale di Venezia Antonio Latella, le ha assegnato il prestigioso Leone d'argento, anche in virtù del suo lavoro pedagogico; da anni lei insegna alla scuola dello Stabile di Torino, Teatro Nazionale; un'attenzione rara nei confronti di una delle declinazioni del lavoro di artista che forse non sempre valorizzata...
Alessio Maria Romano
La scelta del direttore Latella è stata coraggiosa, direi quasi politica e quindi meravigliosa. Il momento in cui mi è stato comunicato è stato per me di grande commozione, stupore, incredulità e gioia. In un periodo storico in cui la formazione, la pedagogia, il mondo della scuola soffrono pesantemente essendo considerati solo come luoghi dove depositare i figli ricevere un premio in cui si premia la pedagogia è per me un riconoscimento enorme. A mio avviso, una scuola dovrebbe essere stracolma di desideri. E allora mi sorge spontanea una domanda: la pedagogia è un’arte? Io credo proprio di si. Immagino che l’assegnazione di un premio così importante possa aver suscitato perplessità ma credo che il premio sia un un atto di riconoscimento per tutti quei docenti/creatori che di giorno in giorno devono inventare strategie per riuscire a comprendere le contraddizioni dello stare in ascolto di un gruppo di bambini, ragazzi, adulti. E’ un lavoro prezioso, fondamentale, di grande responsabilità e spesso, agito nell’ombra. La commozione e la bellezza della scelta di Latella è quella di avermi dato il premio sia per la mia missione di pedagogo sia per il mio lavoro di coreografo, superando l'idea che la pedagogia non possa essere anche arte o che un pedagogo non possa anche essere un coreografo. Sappiamo però quanto le definizioni e le etichette siano consolatorie rispetto ad una idea di costante incertezza. contraddizione e, forse, ambiguità.
Bye Bye..., lavoro che ha debuttato lo scorso 14 settembre a Venezia in occasione della cerimonia di consegna del Leone d’argento, è ideato da lei insieme alla drammaturga Linda Dalisi. Ci piacerebbe sapere qualcosa di più su come avete lavorato alla scrittura di questo lavoro, che vedremo al LAC il 22 ottobre.
Alessio Maria Romano
Ho voluto Linda accanto a me perché avevo visto e amato diversi suoi lavori e perché lo scorso anno ho lavorato, come interprete, in un lavoro di cui lei era, appunto, drammaturga. Al di là della immediata sintonia umana, ho subito compreso la sua grande curiosità, gentilezza e umiltà, qualità necessarie per i miei collaboratori. Il metodo di lavoro di Linda mi ha fatto capire che avrei potuto imparare moltissimo da lei. Linda è una detective. Costruisce delle grandissime mappe concettuali piene di note, collegamenti, immagini, spunti, notizie proprio come se dovessimo trovare un assassino. Questo è per me un processo creativo: cercare più prove possibili per capire l’identikit del nostro tema e scegliere come lavorarci. Abbiamo letto, guardato, parlato, selezionato moltissimo materiale per poi perderci e infine, spero, trovato un filo che ci ha condotto verso la nostra necessità ovvero verso ciò di cui abbiamo bisogno, che poi è la nostra scelta all’interno dello spettacolo. Cosa vogliamo raccontare? Forse nulla di specifico, forse solo un passaggio, un momento di quello che abbiamo scoperto. Non si può sapere tutto e questo limite del sapere, che sempre mi devasta, è anche una forza. Linda mi ha aiutato a gestire e fare ordine nei miei desideri e nelle infinite strade che una ricerca può aprire, sono assolutamente convinto che un processo creativo parta da una scintilla individuale ma poi si trasformi un processo collettivo per questo questo ho deciso di coinvolgere i miei danzatori nel processo creativo. Linda è stata accanto a me per tutte le prove. Prendeva nota, ascoltava e con delicatezza osservava. Queste osservazioni, questi ascolti mi hanno permesso di fare ordine e fare delle scelte.
Palermo 1978
È un figura (artista / ricercatore) che alterna all’attività di attore uno studio costante della danza contemporanea, della pedagogia del movimento e una sua personale ricerca coreografica. Analista del Movimento Laban/Bartenieff (C.M.A.).
È docente di training fisico e movimento scenico presso la Scuola del Teatro Stabile di Torino, di cui è anche coordinatore didattico e docente di movimento espressivo presso la scuola “L. Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano. Nel 2018 è tra i maestri invitati da Antonio Latella al College della Biennale Teatro di Venezia.
Ha collaborato, per la preparazione fisica degli attori e i movimenti coreografici, con registi, sia in prosa che in lirica, quali: Luca Ronconi, Antonio Latella, Carmelo Rifici, Valter Malosti, Andrea De Rosa, Jacopo Gassmann.
Coreografa il Nuovo Balletto di Toscana per l’opera "Fernando Cortez" con la regia di Cecilia Ligorio al Maggio Fiorentino.
Nel 2016 fonda la compagnia di teatro danza AMR con cui dirige le creazioni Dispersi, Chorós e Avida Dollars.
Torna in scena come performer nel lavoro “L’isola dei Pappagalli con Bonaventura prigioniero degli antropofagi” di S. Tofano per la regia di Antonio Latella, produzione teatro stabile di Torino, Maggio 2019.
Vince il Premio nazionale della critica (ANCT) 2015 come pedagogo e coreografo teatrale.