Dopo la fortunata collaborazione per Processo Galileo, Andrea De Rosa – Premio Hystrio alla regia nel 2021 – torna a lavorare con il giovane pluripremiato drammaturgo Fabrizio Sinisi portando in scena Edipo re di Sofocle, considerato uno dei testi teatrali più belli di tutti i tempi, simbolo universale dell’eterno dissidio tra libertà e necessità, tra colpa e fato.
In una città che non vediamo mai, un lamento arriva da lontano. È Tebe martoriata dalla peste. Un gruppo di persone non dorme da giorni. Come salvarsi? A chi rivolgersi per guarire la città che muore? Al centro della scena, al centro della città, al centro del teatro c’è lui, Edipo. Lui, che ha saputo illuminare l’enigma della Sfinge con la luce delle sue parole, si trova ora di fronte alla più difficile delle domande: chi ha ucciso Laio, il vecchio re di Tebe? La risposta che Edipo sta cercando è chiara fin dall’inizio, e tuona in due sole parole: “sei tu”. Ma Edipo non può ricevere una verità così grande, non la può vedere. Preferisce guardare da un’altra parte. Sarà la voce di Apollo, il dio nascosto, il dio obliquo, a guidarlo attraverso un’inchiesta in cui l’inquirente si rivelerà essere il colpevole. Presto si capirà che il medico che avrebbe dovuto guarire la città è la malattia. Perché è lui, Edipo, l’assassino e quindi la causa del contagio. La luce della verità è il dono del dio, ma anche la sua maledizione.
“La novità più importante di questo adattamento del testo di Sofocle – dichiara De Rosa – consiste nell’aver affidato allo stesso attore [il due volte Premio Ubu Roberto Latini, ndr] i ruoli di Tiresia e di tutti i messaggeri. Non si tratta solo di uno stratagemma registico, ma di mettere in scena un personaggio che, di volta in volta, rappresenti una manifestazione del dio Apollo, della sua voce oscura, dei suoi oracoli. [...] A queste divinità non dobbiamo smettere di prestare ascolto se è vero, come dice Platone, che ‘i più grandi doni vengono dati agli uomini dagli dèi attraverso la follia’. A quella follia è sicuramente legata la nascita, forse anche il destino, del Teatro occidentale.”