Dopo l’originale Cirano deve morire, presentato nella stagione scorsa, il giovane regista romano Leonardo Manzan, due volte vincitore alla Biennale Teatro di Venezia, mette in scena una riscrittura del Faust di Goethe, riportando la complessità stratificata di questo capolavoro della letteratura mondiale all’essenzialità della fiaba popolare.
“Faust – dichiarano Leonardo Manzan e Rocco Placidi – è una leggenda popolare che Goethe ha portato al grado estremo della complessità letteraria e filosofica. La sua opera-mondo, mostruosa per estensione, varietà di stili, numero di personaggi, tempi e luoghi, è praticamente irrappresentabile.
Eppure, anche se leggendo le sue mille pagine uno se lo dimentica, Faust è un’antica fiaba di tradizione orale. E noi vogliamo recuperare la semplicità e insieme la forza di un racconto che potrebbe cominciare così: c’era una volta un uomo che fece un patto col diavolo.
Partiamo da qui, da un Prologo in teatro in cui Faust, l’artista moderno e infelice, con la sua compagnia, tiene una conferenza sul Faust di Goethe davanti a un sipario chiuso.
Faust non può più essere rappresentato, se ne può solo parlare.
Faust come artista non può più agire, non può più creare, può solo analizzarsi.
Faust è talmente autoconsapevole che non sa più chi è.
Direttamente dagli inferi, Mefistofele arriva a disturbare con la sua spavalda ingenuità questo consesso di sottili intelligenze.
Mefistofele è il diavolo. È veramente il diavolo. Non ci credete? E infatti è proprio questo il suo problema: nessuno gli crede più, nessuno crede che il diavolo esiste.
Mefistofele arriva in un mondo che non riconosce più, il mondo moderno che ‘ha bandito il Malvagio ma non i malvagi’, un mondo che non si abbandona più al piacere della finzione, che rifiuta l’inganno, che non conosce la magia del teatro.
Per rappresentare Faust bisogna credere nel diavolo.
Mefistofele ha bisogno che Faust creda in lui, per recuperare il suo potere. Faust ha bisogno di credere nel diavolo per recuperare la possibilità del teatro.”