martedì 11 febbraio

Sala Teatro
Da 27.- a 39.- CHF

mercoledì 12 febbraio

Sala Teatro
Da 27.- a 39.- CHF

Dopo l’originale Cirano deve morire, il giovane autore e regista Leonardo Manzan – due volte vincitore alla Biennale Teatro di Venezia – torna al LAC con il suo irriverente Faust, lavoro in cui il capolavoro di Goethe si fa strumento per tracciare un dissacrante ritratto di ipocrisie, mode culturali (e “politically correct”) e vizi del teatro contemporaneo. 

Portando in scena un Faust-artista, Manzan indaga il tema del ruolo del teatro nella società, della responsabilità di chi crea nei confronti del pubblico e dei limiti dell’espressione del desiderio individuale. Il pubblico – sempre protagonista negli spettacoli del regista romano – viene accompagnato da un affiatato gruppo di sei giovani interpreti attraverso la vicenda di Faust ed è invitato a muoversi insieme a loro sul filo teso tra fantasia e realtà, intrattenimento e impegno, quel filo sottile su cui ogni artista cerca disperatamente il proprio equilibrio.
La sinossi del Faust di Goethe si potrebbe riassumere in una riga: c’era una volta un uomo che fece un patto col diavolo. Eppure, a partire da questo semplice spunto, perfetto per una favola da teatro delle marionette, Goethe ha costruito un’opera monumentale che fa da specchio alla modernità.
Colta e goliardica, tragica e parodica, cosmica e sentimentale, tra dramma e avanspettacolo, la prima opera moderna è in realtà un’opera post-moderna. Non si può tornare indietro e riportare all’ordine il caos che Goethe attraversa. Bisogna assecondarne la varietà, nel tentativo di recuperare la leggerezza di un racconto popolare che inizia appunto così: c’era una volta un uomo che fece un patto col diavolo.

“Il Faust di Goethe viene in parte smontato e messo in discussione, in parte usato per scrivere una satira sul e contro il teatro contemporaneo (secondo una modalità anche provocatoria che Manzan ha adottato in precedenti spettacoli) prendendo in giro le ipocrisie, i limiti e le nuove mode “morali”. Tutto con un carosello in 24 scene, una sarabanda (anzi un sabba, per stare in tema faustiano) di parodie, gag, satire meta-referenziali, sia verso l’opera dello scrittore tedesco, sia verso il sistema anche produttivo del teatro.”
– Mario De Santis, HuffingtonPost.it

tratto da
Faust I e II di Johann Wolfgang von Goethe

di
Leonardo Manzan
Rocco Placidi

regia
Leonardo Manzan

con
Alessandro Bandini
Alessandro Bay Rossi
Chiara Ferrara
Paola Giannini
Jozef Gjura
Beatrice Verzotti

scene
Giuseppe Stellato

costumi
Rossana Gea Cavallo

disegno luci
Marco D’Amelio 

musica e suono
Franco Visioli

assistente alla regia
Virginia Sisti 

produzione
La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello
TPE - Teatro Piemonte Europa
LAC Lugano Arte e Cultura

in collaborazione con
Teatro della Toscana – Teatro Nazionale

si ringrazia per la collaborazione
Associazione Cadmo 

Il Faust di Goethe comincia con una sorpresa per noi teatranti. Da due secoli di distanza, l’autore ci fa un ritratto perfetto in forma di parodia: scrive un Prologo sul Teatro. L’impresario, il drammaturgo e l’attore discutono su quali siano gli ingredienti giusti per fare uno spettacolo di successo. Il risultato è una scena divertentissima, ma anche impietosamente rivelatoria.
“Io vorrei proprio piacere a tutti […] Come fare perché tutto sia nuovo, vivace e, pur essendo profondo, diverta?”, dice per esempio l’impresario, ricordandoci che l’unico vero problema di un teatrante è come portare il pubblico in sala.
Ritrovando noi stessi in questo prologo, abbiamo scelto di far intervenire il personaggio di Faust nella discussione. Il nostro Faust ha un problema concreto e insormontabile: vuole mettere in scena il Faust di Goethe. Vuole rappresentare se stesso. Ma questo non è più possibile: sa troppo di sé, è troppo intelligente, non crede più al diavolo.

Nato a Roma nel 1992, si diploma come attore alla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi di Milano nel 2015. Debutta come regista, interprete e autore con It’s App to You – o del solipsismo che inaugura la sua collaborazione con l’attrice Paola Giannini. Lo spettacolo-videogioco sul tema della realtà virtuale e del rapporto con la tecnologia vince numerosi premi e riconoscimenti, tra cui InBox, Dominio pubblico, Kilowatt-Italia dei visionari. Nel 2018 si rivela tra i giovani talenti alla Biennale Teatro di Venezia, aggiudicandosi il premio di produzione per Registi under 30 per la realizzazione di Cirano deve morire, riscrittura del Cyrano de Bergerac di Rostand in forma di concerto rap. Scritto insieme a Rocco Placidi con musiche originali di Franco Visioli e Alessandro Levrero, lo spettacolo debutta alla Biennale Teatro di Venezia nel 2019. “Leonardo Manzan – recita la motivazione di Antonio Latella che in qualità di direttore gli ha assegnato il Premio – ha avuto il coraggio di esporsi e di rischiare. Nonostante la giovanissima età, ha dimostrato di essere pronto ad attraversare quella linea gialla che delimita la zona di sicurezza per andare in zone anche pericolose, mai rassicuranti e ovvie. Al suo coraggio, vogliamo aggiungere la nostra scommessa”. 
Invitato nuovamente a Venezia nel 2020, presenta Glory Wall (anche questo scritto con Rocco Placidi e interpretato da Paola Giannini), spettacolo dissacrante sul tema della censura che viene premiato come migliore spettacolo della Biennale Teatro. Dalla motivazione della giuria internazionale si legge: “il modo in cui Manzan mette in discussione il ruolo e il significato del teatro oggi è provocatorio e inesorabile, ma allo stesso tempo dedito e impegnato. Nell’Italia dove ‘la nuova scrittura e i nuovi drammaturghi’ sono stati per troppo tempo ignorati, malnutriti e poco sostenuti, è un piacere poter conferire questo nuovissimo premio a una nuova scrittura che non solo affronta il tema della censura posto dalla Biennale, ma offre anche al pubblico uno spettacolo impegnativo e molto divertente che recupera il potere del teatro. E della sua comunità”.

Foto di scena

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