In occasione dell’ottantesimo anniversario della liberazione dei campi di concentramento, il giovane regista Romeo Gasparini prende libero spunto da un’inedita corrispondenza tra la Senatrice Liliana Segre e lo scrittore Primo Levi portando in scena le conseguenze del Dopoguerra e i suoi contemporanei dubbi sul ruolo dei giovani davanti a un mondo tutto da ricostruire.
“Liliana, cara amica mia: per noi non c’è niente da fare, siamo tutti sommersi da quello che ci è successo e non c’è salvezza per nessuno.” Con queste poche righe, Primo Levi stronca un breve ed inedito scambio epistolare iniziato da Liliana Segre dopo la pubblicazione de I sommersi e i salvati (1986). L’esperienza del lager aveva chiaramente avuto sui due un effetto diametralmente opposto, maturando nell’uno un colto pessimismo e nell’altra un’infaticabile speranza. Il grande nulla esplora la genesi di questi ideali, ripercorrendo episodicamente tratti delle biografie di entrambi e trasponendo le lettere in un dialogo a bordo sul treno di ritorno in Italia, tragitto che di fatto intrapresero a poche settimane di distanza quando erano appena adolescenti.
Lo spettacolo ha una mise-en-scène radicalmente evocativa, sviluppandosi secondo i meccanismi del sogno ricorrente descritto da tanti sopravvissuti per cui, anche se tornati a casa, non hanno mai creduto di aver abbandonato veramente il lager. Prendendo ispirazione dallo spaventoso immaginario marittimo prodotto da Primo Levi – che colpì Liliana a tal punto da scrivergli –, la narrativa si sviluppa interamente su un’isola costantemente minacciata da flutti e metaforici mostri marini. Su un’improvvisata zattera di Medusa, i personaggi del dramma si confrontano con la prospettiva di non riuscire mai ad essere liberi del loro passato, prigionieri per sempre della loro interrotta giovinezza nella pancia di un invisibile e morente leviatano.