Ispirato a un fatto di cronaca, il nuovo spettacolo di Antonio Latella ripercorre la vicenda di una ragazza vittima di uno stupro di gruppo e di una sentenza – poi ribaltata – in cui gli imputati vengono assolti grazie a criteri assai discutibili.
In scena, quattro attrici danno voce alla giovane donna, Wonder Woman contemporanea, la cui storia si intreccia a quella dell’ideatore dell’eroina dei fumetti, lo psicologo William Moulton Marston che inventò la macchina della verità.
Nel 2015, ad Ancona, una ragazza peruviana è con ogni probabilità vittima di uno stupro di gruppo; con una sentenza che suscitò molto scalpore, le giudici della Corte d’Appello decisero di assolvere gli imputati in quanto la presunta vittima risultava “troppo mascolina” per essere attraente e causa di violenza sessuale. La Corte di Cassazione, fortunatamente, ha ribaltato il giudizio condannando i ragazzi autori dello stupro; eppure rimane nella memoria il precedente indelebile di un giudizio emesso per ragioni che fanno riferimento all’estetica della vittima, in un singolare rovesciamento in cui pare che la vittima stessa sia in pratica l’imputato, come fosse colpevole del proprio aspetto.
Lo spettacolo si muove da questa vicenda ripercorrendone i contenuti essenziali e affidando a quattro giovani donne il racconto, immaginato e teatralizzato, del caso giudiziario; Vichingo, questo il soprannome con cui, nella realtà, era chiamata dai ragazzi la vittima, diviene qui una Wonder Woman contemporanea in lotta per ristabilire una verità che viene continuamente negata. Un flusso di parole senza interruzioni che corre, palpita e a volte quasi s’arresta come il cuore della ragazza, sottoposta a continui interrogatori, richieste, spiegazioni che la violenza subita non può rendere coerenti, logiche e senza contraddizioni. Eppure, come la Wonder Woman disegnata e creata da Marston, l’eroina di questo racconto teatrale non si darà mai per vinta, forte della propria volontà interiore.