Il nuovo lavoro della coreografa svizzera Lea Moro è una meditazione acustico-performativa che trasforma il processo vitale del respirare in un mezzo corale e coreografico, invitando il pubblico ad oscillare con i propri respiri.
Sei corpi si muovono sul palcoscenico sdraiati, seduti, in piedi, pestando i piedi. La distanza l’uno dall’altro è misurata dall’ampiezza dei loro respiri. I corpi si agitano, battono le mani e vibrano. Una miscela polifonica di respiri paralleli si impossessa dello spazio. Un sospiro come preludio al canto. Uno - due - tre – sette respiri nel ritmo di una voce.
In tempi di maschere, filtri d’aria e misurazioni di aerosol, condividere l’aria diventa una questione biopolitica. Anche se i corpi hanno sempre respirato, diverse dinamiche umane, sociali ed economiche hanno plasmato la loro capacità di farlo come determinante fondamentale della vita stessa.
La respirazione onnipresente è oggetto di potere e controllo biopolitico, di devozione e sessualità, di spiritualità e connessione cosmica. Il ritmo e il tono, la (dis)tensione e la vibrazione di ogni respiro sono nostri e allo stesso tempo lo strumento del nostro ambiente. Come tale, esplorare e rilasciare il respiro è fisico, e quindi tanto doloroso quanto sensuale, piacevole ed emotivo. Relazionarsi con la propria respirazione è un’altra forma di assunzione di responsabilità, cura di sé, consapevolezza di se stessi e della nostra interdipendenza.