Scritto e diretto da Emanuele Aldrovandi, giovane pluripremiato autore e regista emiliano, L’estinzione della razza umana è una sorta di esorcismo – catartico e liberatorio – che ci aiuta a metabolizzare il nostro presente con ironia, lucidità e un pizzico di grottesco surrealismo.
In un mondo incastrato dentro ritmi frenetici e disumani, che sottraggono tempo al pensiero e all’introspezione, l’arrivo di un virus che trasforma le persone in tacchini blocca e distorce ogni cosa. Così, le due coppie protagoniste della storia, persone comuni, portatrici ognuna di una diversa posizione filosofica della vita, si ritrovano nell’androne di un palazzo assalite da domande, frustrazioni e paure.
Utilizzando un linguaggio tragicomico, con dialoghi affilati e serrati, Aldrovandi, già ospite al LAC con Isabel Green e Farfalle nonché autore dell’adattamento de La bottega del caffè (produzione LAC), racconta la storia di cinque esseri umani nel periodo di passaggio all’età adulta, scavando dentro di loro senza pietà per trovare l’ultima cosa a cui si aggrappano, quando tutto sembra franare sotto ai loro piedi.
Un gioco di specchi continuo in cui il male esterno ne nasconde uno più intimo e interiore: ciascun individuo è chiuso nel proprio egoistico soddisfacimento dei bisogni, fattore che impedisce qualsiasi ascolto dell’altro. [...] Una regia delle parole motore dei corpi scenici. Un partire dal verbo, evocatore del conflitto, a cui i corpi si abbandonano. L’ironia è dunque misurata, ben contrapposta al dramma e allo scontro quasi selvaggio che si consuma, garantendo un efficace rimpallo delle posizioni e i giusti alleggerimenti emotivi, benché l’incedere sia sempre crescente verso un culmine esplosivo.
– Enrico Pastore, PAC PaneAcquaCulture