Dopo il successo de Les nuits barbares, ou les premiers matins du monde, torna al LAC il coreografo franco-algerino Hervé Koubi con uno dei suoi cavalli di battaglia, una coreografia vibrante che ha celebrato di recente il suo decimo anniversario.
Grazie al virtuosismo dei suoi dodici danzatori, Ce que le jour doit à la nuit disegna un ponte tra Oriente e Occidente, tra Francia e Algeria, come un momento sospeso, ai margini del sacro.
Ideato da un coreografo francese nato da genitori algerini, questo lavoro affonda le sue radici nell’attività di rielaborazione della memoria. Tappa fondamentale della vita, lo spettacolo coincide con una presa di coscienza tardiva: quella delle origini. Il momento in cui Koubi inizia a sentire fisicamente, con il corpo, ciò che aveva sempre saputo in maniera astratta: le sue origini algerine, con l’infinita curiosità implicita in una simile scoperta.
In questa pièce sensibile e sensuale, Hervé Koubi esplora attraverso la danza, tra fantasia e realtà, la propria storia e i suoi legami con l’Oriente.
Sul palco giochi di luce alternano buio e bagliori, intrecciando nell’oscurità un reticolo luminoso. Anche la musica lascia immaginare legami tra le culture con pezzi composti da Hamza El Din e interpretati dal Kronos Quartet, brani di Bach e altri di musica Sufi. E in questa atmosfera sommessa e levigata, dodici uomini sfoggiano il loro virtuosismo coreografico con una delicatezza e una morbidezza che nulla toglie alla loro virilità: i corpi si toccano, si sfiorano, si sollevano con dolcezza fraterna e un evidente rispetto, come se fossero abitati da un’entità sacra.