Carmelo Rifici dirige Giovanni Crippa e la giovane Sara Mafodda in uno spettacolo che racconta in chiave contemporanea le gesta di Ulisse, il cui mito rivive in un futuro apocalittico fatto di ghiacci che si sciolgono, di culture che si perdono e di parole che si ritrovano.
Ulisse Artico sposta la geografia della dell’Odissea classica dal Mediterraneo al mare Artico. L’eroe contemporaneo riparte dalle terre polari, da una nuova Troia, da una nuova terra di macerie, sperimentando ancora una volta il naufragio, nel cui tormento, questa volta, non c’è una Itaca che l’aspetta. Lo scioglimento dei ghiacciai disegna un nuovo paesaggio continuamente in sottrazione, di derive inarrestabili, alla cui radice sta una moderna guerra invisibile. È la guerra strisciante che l’inquinamento e il surriscaldamento termico impongono al nostro mondo.
Il passaggio delle macerie dallo stato solido a quello liquido rende la tragedia ancora più insopportabile di quella antica. Niente sopravvive, si perde il senso della continuità. Avanza il deserto della Storia. L’evocazione di figure mitiche, come Nausicaa e Calipso, non regge più perché anch’esse intossicate dalle emissioni di anidride carbonica. Al loro posto un nuovo sistema di sfruttamento delle risorse, un nuovo sistema di navigazione che inaugura una nuova scacchiera di ricchezze e di poteri, di turismo globale. Nuovi schiavi all’orizzonte dell’eroe polare.
Rifugiato su un pezzo di ghiaccio, Ulisse naufraga nell’immenso arcipelago di isole bianche in costante assottigliamento. Vede sfilare l’orso-naufrago, la volpe artica-naufraga. Ultimo rudere ad esibire la deriva è la casa-naufraga. Qui dentro scopre il cadavere di una donna inuit, una cacciatrice che ha preferito il suicidio allo spettacolo estenuante e scandaloso della fine. In questa decomposizione della realtà avrà mai Ulisse la possibilità di produrre un ultimo gesto mitico?